Sotto il 3%: analisi degli esclusi dalle politiche 2022

Appena quattro giorni fa il nostro Paese si è svegliato diverso; gli italiani, nella giornata di domenica, hanno espresso la propria preferenza alle urne e la coalizione di Centrodestra – in particolar modo Fratelli d’Italia – ha stravinto, sia alla Camera che al Senato, come molti si aspettavano.

La campagna elettorale di Giorgia Meloni ha ottenuto ottimi risultati, e la leader di FdI si è confermata la prima scelta della propria coalizione, superando Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Maurizio Lupi. 

Sconfitta invece per il Partito Democratico, che dopo i fasti del passato (basti solo pensare al 40% di Renzi nel 2014) riscontra percentuali nettamente distanti dal partito vincitore della Meloni; buon risultato, invece, per il Movimento 5 stelle di Conte, mentre deludono i risultati di Azione-Italia Viva, quel terzo polo che si proponeva come possibile alternativa per gli italiani.

Delle coalizioni e dei partiti vincitori si è scritto molto negli ultimi giorni, ed è quasi superfluo ribadire quanto questo trend sarà in crescita con la formazione del nuovo governo. 

Il titolo dell’articolo riporta infatti gli esclusi, tenendo in considerazione tutti quei partiti che non hanno superato la quota del 3%. Di alcuni potevamo aspettarcelo, altri, invece, hanno sorpreso.

Lungi da trattazioni esistenziali sul concetto di “escluso”, che potrebbero innescare ragionamenti di linea filantropica e antropologico-sociale (vedi emarginato), analizziamo nei fatti, dati alla mano, gli sconfitti maggiori di queste elezioni alla Camera e al Senato.

Come già sottolineato, alcune di queste sconfitte hanno stupito. Certo, le proiezioni e i sondaggi preliminari hanno aiutato a fornire degli indizi e non sono serviti grandi ragionamenti per capire che la destra avrebbe riscontrato un grande successo (bastava scendere al bar sotto casa e sentire i nomi più ripetuti dagli abitanti di qualsiasi quartiere  in ogni parte d’Italia).

Alcuni dei partiti sconfitti, inoltre, avevano programmi talmente particolari da non poter realisticamente essere presi in considerazione dalla gran parte dei cittadini.

Non sorprende, dunque, lo 0.1% e lo 0.2% di Alternativa per l’Italia – No Green pass, ottenuti rispettivamente alla Camera e al Senato, così come per il Partito animalista.

Sotto l’1% si trovano, tra gli altri, il partito dei meridionalisti, quello degli anti-vaccinisti e i mastelliani, ma la cosa non suscita grandi sconvolgimenti.

Ciò che può spaventare, invece, è il raggiungimento dello 0.7% del partito degli anti- vaccinisti alla Camera, contro lo 0.1% del Partito comunista italiano, storica subcultura del nostro paese fino agli ’80 e, oggi, completamente incapace di rinnovarsi.

Ma queste, si sa, sono voci alle quali i media e l’opinione pubblica danno poco spazio, escludendole da tempo dal dibattito sociale principale.

Chi invece ha destato più scalpore, rimanendo sotto la soglia del 3%, sono piuttosto altre figure protagoniste dei nostri tempi, note per i loro interventi mediatici e per il protagonismo – cercato o meno –  che da anni fa parte della storia politica italiana.

Nella coalizione del Centrosinistra non raggiunge la quota minima Impegno civico di Luigi Di Maio che, dopo anni passati con i 5 Stelle, si ritrova fuori dal Parlamento; l’ex Ministro degli Esteri saluta la politica con una riflessione su Facebook, prendendo atto del poco successo riscontrato dal suo nuovo partito, nato dalla scissione con Giuseppe Conte.

Sempre nel Centrosinistra, tra le donne che non ce l’hanno fatta, troviamo Emma Bonino (+Europa), che ottiene il 2.9% al Senato arrivando vicinissima al traguardo, senza tuttavia raggiungerlo; indomita, Bonino chiede un riconteggio dei voti con un post su Twitter, sperando che con una maggiore attenzione si possano trovare i pochi voti mancanti. 

Su questo, però, staremo a vedere.

Fuori dalla coalizione di sinistra e con l’1.4% sia alla Camera che al Senato c’è Unione Popolare di De Magistris. L’ex sindaco di Napoli ha presentato un programma ben diverso da quelli del Centrosinistra, più concreto e radicale, con decise prese di posizione su alcuni punti cruciali (trattati invece in maniera più blanda dagli altri leader); la decisione di non schierarsi con loro, tuttavia, potrebbe essergli costata l’esclusione.

Superiore di ben 0.3 punti si trova Italexit per l’Italia, il partito di Paragone, che ha fatto tanto parlare per le posizioni su temi di salute pubblica (come l’avversione per l’obbligo di Green pass, l’obbligo vaccinale e la partecipazione dell’Italia all’OMS).

Le idee di Paragone, a quanto pare, hanno convinto più italiani rispetto a quelle pacifiste di De Magistris, e questo è sicuramente un punto da cui partire per eventuali riflessioni di carattere sociologico. 

Ultimo escluso, con un punteggio nettamente inferiore all’1.9% di Italexit, c’è Noi moderati/Lupi – Toti – Brugnaro- Udc. 

Anche qui non ci sarebbero grandi differenze con gli altri esclusi, se non fosse che il partito di Maurizio Lupi è parte integrante della coalizione vincitrice in Italia, quella del Centrodestra, che ha ottenuto il 44% alla Camera e al Senato.

Certo, la grande fetta di voti è spettata a Fratelli d’Italia, lasciando indietro un Lega ormai nostalgica di un passato – recente –  in cui otteneva ben più del 10%. Tuttavia, Matteo Salvini può consolarsi con un secondo posto in coalizione, precedendo di pochi punti Forza Italia.

Dunque, il partito di Lupi si presenta come escluso, seppur della coalizione più forte. 

Tra le varie motivazioni addotte a questa sconfitta, sono certamente valide la mancanza di carisma del leader rispetto ai colleghi e una campagna elettorale poco potente.

Tuttavia, i motivi per cui la destra “moderata e di centro” presenta un distacco così netto dalla destra più estrema non sono da ricercare in strategie elettorali mancate; la cosa più appropriata, al momento, sarebbe un’indagine approfondita sull’animo degli italiani e sul loro bisogno di guide autorevoli e decise, per poter capire meglio la realtà in cui viviamo e – con un po’ di fortuna – prevenire disastri futuri.

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