Con l’accreditarsi sempre più in alto nei sondaggi, negli ultimi due anni Giorgia Meloni ha dovuto rispondere a delle accuse crescenti di fascismo. Dalle inchieste di Fanpage nell’imminenza delle amministrative dello scorso anno, dimenticate magicamente poco dopo la sconfitta del centrodestra, fino alla campagna elettorale odierna. Piovono accuse di fascismo e di vaghi ritorni al ventennio, a partire dalla sinistra nazionale fino ai media europei. L’ultimo è il giornale tedesco “Stern”, che ha titolato una recente edizione con il volto della Meloni: “la donna più pericolosa d’Europa”.
La verità è che non c’è nessuna emergenza nazionale. Semplicemente il ricco numero di consensi che presumibilmente Fratelli d’Italia prenderà domenica (sulla base degli ultimi sondaggi pubblicati prima del silenzio) spaventa elettori e potenziali eletti di sinistra. Una sinistra che negli ultimi anni ha avuto un pesante deficit di leader, che oggi, invece, la destra ritrova dopo il berlusconismo. Dal tramonto di Prodi, che non a caso è stato protagonista dell’alternanza con Berlusconi, quando i due schieramenti avevano delle leadership chiare, la sinistra in Italia si è garantita posti e governi grazie alle abilità di manovra nei palazzi. Pur non avendo mai ricevuto consensi tali da poter governare come coalizione, da anni è al governo del Paese. Ciò per affermare che oggi, invece, il timore che la Meloni possa scalzare PD e alleati dal trono di Chigi è reale; benché, tuttavia, sia difficile che la destra insieme a Forza Italia e centristi alleati possa avere una maggioranza sufficiente a formare il futuro governo.
Dal momento che questa sinistra, così sopra descritta, ovvero in balìa di un’impreparazione elettorale, è manchevole di argomenti da sostenere sul piano del contraddittorio dialettico, dunque rianima il sempreverde spettro del fascismo. Che è finito quando l’Italia è diventata Repubblica, la cui esperienza fallimentare si riassume nei due momenti più bui: una guerra persa e una simpatia per Hitler tale da sposarne le follie genocidarie e poi ritrovarselo contro nella stessa guerra iniziata insieme a esso. Oggi, per fortuna, quei tempi sono lontani. Senz’altro permangono degli echi, che la cronaca ci mostra spesso, riportati in vita da alcuni amministratori indecenti, da qualche fanatico ubriacone e da inchieste utili a capire cosa c’è dietro ad alcune organizzazioni metapolitiche un po’ oscure. Il fatto che Giorgia Meloni, poi, ancora tenga un atteggiamento da limbo su certi aspetti secondari (come la fiamma nello stemma) può far discutere; ma, se analizzato con il giusto cinismo politico, è altresì comprensibile, poiché una grande fetta di elettori di FDI proviene dalla tradizione politica iniziata col Movimento Sociale Italiano. È la politica, ciascuno coltiva il suo orto.
Se poi dovessimo chiederci come dovrebbe comportarsi la Meloni una volta ai vertici delle istituzioni, che sia un ministero o lo scranno da premier, senz’altro la risposta andrebbe ricercata in un passaggio chiave: la propaganda da opposizione costante va rivista. Così come i disturbatori di una serenità elettorale acquisita vanno allontanati dal partito e l’UE deve rimanere un riferimento fisso per l’Italia di oggi, a maggior ragione nella crisi internazionale in atto.
Tutto ciò, però, non ha nulla a che fare con le accuse bieche che le vengono rivolte, attiene invece a un cambio di modi che Giorgia Meloni sa di dover compiere. Il pericolo del ritorno al fascismo non c’è; semmai, permane il pericolo della perseveranza dell’ignoranza e dell’impreparazione.