CS Lebowski: il bel calcio che va oltre la serie A

Il CS Lebowski è una cooperativa sportiva fiorentina, nata dall’idea di distaccarsi dal calcio spettacolarizzato e commerciale a cui sempre più si assiste. Col Lebowski il calcio è di tutti e per tutti e fa credere che un cambiamento sia possibile. 

Le origini

Tutto ha inizio nel 2010 a piazza D’Azeglio, Firenze, dove dei ragazzi, ormai stanchi del calcio mainstream e spettacolarizzato di serie A, decidono di fondare una Società in cui poter portare avanti l’idea di un calcio distanziato – per quanto possibile – dalle logiche di mercato e dall’influenza dello Stato; un calcio che possa essere fatto da e per i tifosi. 

La scelta del nome ha alle spalle una bella storia, che Daniele, uno dei tifosi di CS Lebowski, racconta su L’Essenziale: «Stufi del calcio mainstream, avevamo letto un articolo su questa squadra amatoriale che si chiamava Ac Lebowski e perdeva sempre. Abbiamo cominciato a seguirla per divertimento, con uno striscione fatto a pennello, una bandiera cucita in casa e un tamburo. Poi si sono aggiunti amici e altri tifosi delusi dalla piega che stava prendendo il calcio o persone che allo stadio non ci erano proprio mai andate: da dieci siamo diventati, venti, cinquanta, cento»

CS, invece, sta per “centro storico”, ovvero proprio piazza D’Azeglio dove tutto ha avuto origine. 

Il primo volantino

È da questa idea romantica del calcio che prende vita il primo volantino della società: una dichiarazione d’intenti e la presentazione di un programma in termini avvincenti, semplici, trasparenti. 

«Per spiegare cosa sia il Centro Storico Lebowski val la pena descrivere cosa ci ha allontanato dallo scintillante calcio della serie A. Ci eravamo stancati di campionati senza sorprese, di classifiche disegnate dai diritti tv e dagli intrighi di palazzo, di partite ogni tre giorni, sempre più frenetiche e meno spettacolari, di un calcio senza attese e pause, che non riesce più ad aspettare la domenica, di un asservimento alle leggi del mercato che trasforma il gioco in merce, dell’azione dello Stato con i suoi decreti speciali a tutela del business. […] Abbiamo in mente di creare un contesto dove fare calcio nella massima autonomia, per quanto ci è possibile, dalle ingerenze dello Stato e del mercato nel gioco. Per questo puntiamo a esistere grazie all’autofinanziamento e all’aiuto degli appassionati di vero sport, senza concedere niente alle speculazioni che accompagnano il calcio di oggi. Per questo siamo entusiasti che il nostro tifo sia ancora l’autogestione di uno spazio comune, quale la curva. […] Vorremmo fare dello stadio che ci ospita una nuova casa per il quartiere, creando un luogo aperto a chiunque voglia riscoprire il sapore di un calcio antico e popolare. Presentiamo così il nostro progetto, invitando chiunque vi riconosca delle tracce del calcio che sogna da sempre a darci una mano, venendo a vedere le partite, cantando con i nostri tifosi, facendo il volontario in società, proponendo stimoli e contribuendo all’autofinanziamento della squadra. Siamo nati ora e vogliamo durare per tanti e tanti anni; questo sarà possibile, nel modo descritto (che è il solo modo che giustifica l’esistenza di questa squadra), solo se il Lebowski apparterrà davvero a chi lo ama. Chi ha l’onore e il compito di rappresentarlo con un ruolo societario si prende l’impegno e la responsabilità di non venire mai meno ai valori originari, e lo stesso dovrà fare chi verrà in futuro»

I progressi

Si è partiti da una semplice idea e si è arrivati a grandi risultati. Il Lebowski, infatti, ha già una squadra femminile in Eccellenza, le Mele toste (che è a un passo dall’entrare in serie C) e una squadra maschile in Promozione. 

Col tempo, il progetto di questa cooperativa è stato accolto e fatto proprio da diverse persone – compresi alcuni ex giocatori di serie A – che hanno deciso di prenderne parte. La cosa che contribuisce a rendere il Lebowski interessante, poi, è anche il modo in cui è venuto alla luce: nel 2010, anno di fondazione, si tratta di una proprietà collettiva, la quale prevede che chiunque decida di diventare socio diventi automaticamente anche proprietario. Le decisioni vengono prese insieme e i proprietari hanno il diritto – nonché l’obbligo – di dare il proprio contributo a tali decisioni. 

Nel 2018, invece, si comincia a parlare di azionariato popolare, poiché lo status è cambiato e si è passati da associazione sportiva dilettantistica a cooperativa sportiva. 

Le mele toste

La squadra femminile è l’esempio lampante dei traguardi concreti raggiunti dal Lebowski: lo scorso 8 maggio 2022, hanno riportato una vittoria forse decisiva per la promozione in Serie C. Questo soprattutto grazie al gol di Fatima, ragazza afgana che, all’arrivo dei talebani nel suo Paese, non ha più potuto giocare a calcio ma, arrivata in Italia, è stata accolta proprio dal CS Lebowski. 

Storie di inclusione, accoglienza, solidarietà, unione tra compagni e compagne di squadra: questo e molto altro è il Lebowski.

Borja Valero: il suo arrivo al Lebowski

A dare un’ulteriore testimonianza di questa Società contribuisce l’ex giocatore di serie A Borja Valero, il quale approda in questa nuova realtà, condividendo e diffondendo i suoi valori. 

Dopo aver giocato per squadre quali Inter e Fiorentina, il centrocampista spagnolo decide di entrare a far parte di questo mondo raccontando la sua esperienza come giocatore. 

«Il mio sogno è sempre stato fare il calciatore, ma a fine carriera mi sono chiesto se tutti i sacrifici ne fossero valsi la pena. Si giudica sempre un giocatore professionista dal punto di vista economico: sei arrivato, hai avuto successo, hai un sacco di soldi, e questo ti deve bastare. E invece uno deve mettere sulla bilancia tantissime cose. Forse non lo rifarei. Ho seguito il mio sogno perché era quello che volevo fare da bambino, perché credevo in un calcio romantico, e che invece quando sei dentro è molto meno romantico di quello che sembra. È per questo che oggi ci penserei due volte». 

C’è, dunque, il dilemma dei ripensamenti, dell’arrivare a chiedersi se ne sia valsa davvero la pena e se, alla fine, si sia realizzato il proprio sogno per davvero. Alla fine, però, per Valero la cosa fondamentale è il pallone e il suo rapporto con esso, «Per questo è bellissimo essere qua, in una cooperativa di cui sono socio e di cui condivido tutti gli ideali, e che merita di essere sostenuta e raccontata per quello che è. Giocare con tutti questi tifosi è stupendo, per questo alla fine della partita cantiamo e balliamo con loro»

In Italia e in Europa

Così come a Firenze, anche nel resto d’Italia e d’Europa è sempre più frequente la nascita di squadre di calcio ad azionariato popolare, le quali si basano su valori quali anticapitalismo, antirazzismo, antisessismo e, dunque, su valori di accoglienza e inclusione. 

Le difficoltà ci sono, è ovvio: a un certo punto, quando si cresce e si cominciano ad accumulare sempre più vittorie, si arriva a dover fare i conti con gli sponsor e con i soldi necessari per le trasferte. Ma il senso di queste squadre è proprio questo: non nascondere i problemi relativi al calcio e alla sua commercializzazione ma, al contrario, metterli a nudo, parlarne per informare i tifosi. 

La differenza sta tutta lì: nel rendere partecipi. 

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