Verba manent: giustizia fai da te

Domenica gli italiani saranno chiamati al voto per i quesiti del referendum sulla giustizia. Da una parte lo strumento d’eccellenza della democrazia popolare, il referendum, dall’altra il Parlamento, legislatore del Paese, incapace di puntare il dito contro un sistema da rivedere. 

Saranno i cittadini, dunque, a pronunciarsi su 5 temi, tecnici e complessi, circa la giustizia. È mai possibile che in un Paese dove la magistratura non è sempre integerrima pubblici ministeri e giudici possano entrare da una porta e uscire dall’altra a proprio piacimento? Oppure che un politico debba rinunciare al proprio incarico a causa di una sentenza non ancora definitiva?

Questi sono solo alcuni degli interrogativi che i cittadini saranno chiamanti a sciogliere domenica. E il fatto che debbano farlo loro mette in evidenza l’incapacità del Parlamento di legiferare, ragionevolmente, per il bene dell’Italia. Una magistratura efficiente, celere e proba è il fondamento di uno Stato democratico e sovrano; laddove un individuo, invece, debba nutrire perplessità circa la correttezza dell’operato di un giudice, rispetto al proprio caso, significa che il sistema non funziona. E pertanto occorre ripensarlo. 

È importante, perciò, che domenica venga raggiunto il quorum – a prescindere dall’esito dei voti. In primis perché oggigiorno votare è un’abitudine smarrita e vituperata, poi perché l’informazione intorno al voto, stavolta, è stata vaghissima. Quasi che il sistema debba restare così com’è, perché gli italiani, in fondo, hanno altri problemi. E poi “passerà la nottata”. Quanti altri casi Palamara dovranno scoppiare, per farci capire che si è toccato il fondo?

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