Domenica in Libano si sono tenute le elezioni per rinnovare i 128 seggi del parlamento unicamerale del paese. Si tratta del primo appuntamento elettorale dal 2018: il primo dopo il tracollo economico del paese e dopo la tragica esplosione nell’agosto di due anni fa al porto di Beirut. Una tornata elettorale particolarmente importante per la vita democratica del paese, soprattutto dopo le proteste civili tenutesi nell’ottobre del 2019, sintomo di un profondo malcontento della popolazione.
Un paese ridotto sul lastrico da una crisi socio-economica e politica devastante, definita una delle tre crisi più gravi degli ultimi 150 anni, secondo gli esperti della Banca Mondiale.
Un default finanziario che ha piegato milioni di persone a causa del continuo aumento del debito pubblico del paese, indebolito da un tasso di inflazione che oscilla tra il 150% e il 200% e che ha segnato la crisi della lira locale e la bancarotta del Libano nel marzo del 2020.
Un’opportunità imperdibile
Un’occasione per la popolazione libanese di sottrarre il paese alle mani della malapolitica, simbolo di un sistema corrotto e incapace di provvedere al benessere economico e sociale dei suoi cittadini negli ultimi 30 anni.
Un appello sollecitato anche dal presidente libanese Michel Aoun, che nella serata di sabato, alla vigilia dell’appuntamento elettorale, ha incitato la popolazione a recarsi alle urne in gran numero, e ad approfittare di questa “opportunità” per il bene del paese.
“La vostra responsabilità è grande oggi affinché lo smantellamento della classe politica corrotta non si fermi”, ha detto ai suoi cittadini il presidente della Repubblica, secondo quanto riportato dal quotidiano locale l’Orient-Le Jour, sottolineando quanto le elezioni non siano solo “un diritto ma anche un obbligo per tutti i cittadini e rappresentano la strada giusta per cambiare”.
I risultati delle urne
I primi risultati indicano che il movimento sciita armato filo-iraniano Hezbollah e i suoi alleati si riconfermano la prima forza politica in Libano, ma non senza qualche perdita.
Secondo quanto riportato da Agi, nel sud del Paese per la prima volta dal 1992, il tandem Hezbollah-Amal non ha ottenuto la totalità dei seggi.
Un dato importante per il primo movimento politico libanese, confermato in altre circoscrizioni del paese, che dimostra come il fronte islamista-conservatore stia progressivamente perdendo forza nel tessuto sociale del paese.
Di contro, il partito cristiano maronita delle Forze Libanesi avrebbe ottenuto circa 20 seggi della futura Assemblea, registrando un forte aumento rispetto alle ultime elezioni, dove il partito era riuscito a conquistare 12 seggi. Una vittoria importante per la coalizione anti-Hezbollah, che potrebbe diventare il primo partito cristiano del paese, anche se ancora profondamente spaccata a livello territoriale.
Un brutto risultato anche per il Movimento patriottico libero, fondato dall’attuale capo dello Stato, il generale Michel Aoun, che avrebbe registrato un lieve calo rispetto ai seggi conquistati nelle elezioni del 2018.
Ma a registrare il dato più preoccupante è la scarsa affluenza alle urne di Domenica. Secondo i dati attuali, la percentuale di quest’anno si attesterebbe attorno al 41%, ben al di sotto della soglia raggiunta nelle elezioni del 2018, quando la percentuale dei cittadini recatesi alle urne aveva toccato il 49% dei diritti al voto. Un ulteriore segno della sofferenza e delle difficoltà della democrazia libanese.