Siamo tutti felici all’indomani della vittoria di Emanuel Macron e del suo partito, o quasi. E’ felice anche Giuseppe Conte, che ha balbettato e non poco dalla Gruber su La7, alla domanda su chi voterebbe in Francia tra Macron e Le Pen. Conte a parte, il 25 aprile ci si è svegliati con la politica italiana schierata dalla parte degli europeisti che festeggia un doppio anniversario, la liberazione del Paese e la sconfitta dei sovranisti.
La politica però non è mai così semplice, non è una finale dei mondiali, a chi la coppa e a chi la medaglia. Due sono i quesiti che oggi dobbiamo porci: c’è da chiedersi come mai 4 francesi su 10 hanno preferito votare per un candidato come Marine Le Pen? Con un candidato più moderato le elezioni avrebbero avuto questo risultato?
Una cosa è certa, e la uso come premessa, il centro vince, perché presente nell’animo degli europeisti “la nostra patria Europa”, come la chiamò De Gasperi, anche se i richiami a statisti europei sono stati poco presenti nel dibattito francese. Per ragioni culturali vi è ancora una grande propensione al centro, ma non ad un centro autoreferenziale che interpreta le istanze borghesi ma interclassista, che rappresenti quella fascia del popolo che mira al progresso, di buon senso che non sempre si trova nella parte alta delle statistiche reddituali. A queste domande, spero ci sia un dibattito chiaro prima o poi. Il risultato, direbbe qualcuno, è che Macron ha vinto, i sovranisti hanno perso. Ma bisogna sempre tener presente che in politica ogni giorno è un giorno nuovo, come mi diceva un caro amico.
Umanizzare la politica, fare delle scelte che non siano solo in linea con il pensiero “politically correct”, che in alcuni casi stanca e si scontra con le reali esigenze dei cittadini, molto probabilmente renderebbe i paesi d’Europa meno vulnerabili alle intemperie del sovranismo e del populismo. Guardiamo alla Francia come qualcosa di lontano, come facciamo da sempre in Italia sulle vicende europee, quasi come chi guarda all’Ucraina con distacco e sembra non toccargli tocca minimamente l’invasione russa. Ma bisogna esser coscienti, nel nostro Paese abbiamo lo stesso identico scenario francese con un quadro più frammentato, dettato dalla diversa tipologia di Repubblica, semipresidenziale in Francia, parlamentare in Italia. I le Pen italiani si chiamano Salvini e Meloni, i populisti invece sono i m5s. Questo è il quadro italiano ed esultare per la vittoria di Macron senza incidere con un soggetto di centro nuovo, conservatore nei valori e riformista nelle politiche economiche e strutturali, non ci aiuterà a non consegnare l’Italia a questi leader politici. Dunque serve fare presto, Clemente Mastella ha già le idee chiare su questo, ma vedo che vi sono troppi piccoli leader di piccoli partiti e di partiti piccoli che usano il loro micro-simbolo per garantirsi qualche posto in Parlamento, senza porre una linea, un programma a delle politiche centriste, che vivacchiano dietro a carrozzoni di grandi schieramenti barattando qualche posizione di potere che non gli viene neanche riconosciuta. Il vero male del centro italiano è la mancanza di coraggio.
Clemente Mastella vuole evitare ciò e sfida tutti ad un proporzionale al 5% per il bene del Paese e per portare avanti con lealtà e responsabilità le proposte centriste in Parlamento. Poco importa se dall’assemblea di Articolo 1, Bersani e amici abbiano chiuso la porta ai centristi, aprendola in un abbraccio a Conte, perché dopo quanto successo dalla Gruber, calza a pennello un aforismo gramsciano “Odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”. Noi sul terreno popolare e dei corpi sociali sfidiamo la sinistra, troppo radical chic per le esigenze degli italiani. Una sinistra già superata dal populismo e dai sovranisti che è maggioranza proprio nei ceti dove la sinistra un tempo prosperava. Francia e Italia e Ucraina non sono mai state così vicine, tutto il resto dipende dagli italiani.