“1943” di Stefano Catone, la Resistenza secondo People

Che cosa ci fanno un agente speciale inglese, un prete e un alpinista di fama internazionale sulle pendici della stessa montagna? La risposta è semplice: la Resistenza.”

Stefano Catone mette insieme storie – etichettate, usualmente, come “minori” – di resistenza avvenute nei territori che noi oggi abitiamo. Raccontare piccole storie, ovvero storie agite, con eroismo, da personaggi comuni.

La storia senza la S maiuscola. Questo è uno degli obiettivi della casa editrice People – penso alla trilogia di libri di Johannes Bückler. Qual è l’eredità che rimane oggi delle scelte prese da questi piccoli eroi storici? Penso a Calogero Marrone, Don Pietro Folli, Don Giovanni Barbareschi…

Quelli che hai citato in particolare, ma insomma un po’ tutti i personaggi che sono toccati nel libro – e giustamente Bückler è un esempio nel fare queste operazioni hanno lasciato il fatto di aver fatto una scelta. Cioè tutti i protagonisti del libro, nel 1943, decidono di fare una scelta, decidono da che parte stare. Secondo me, questa presa di consapevolezza – questa “non-indifferenza”, come direbbe Liliana Segre – è ciò che ci insegnano e che dovremmo cercare di tramandare. 

Come sei venuto a conoscenza della storia del britannico Dick Mallaby, “l’uomo caduto dal cielo nel lago di Como”, agente della Special Operations Executive (SOE), organo creato personalmente da Winston Churchill, con l’incarico di favorire la ribellione, la rivolta, la guerra nei Paesi occupati dai nazifascisti?

Casualmente: come casa editrice abbiamo avuto la possibilità di collaborare con sua nipote, Elettra Mallaby, che cito all’inizio del libro, e abbiamo scoperto abbastanza casualmente la sua storia. Io conoscevo, invece, già quella di don Giovanni Barbareschi e, quando ho saputo che le due persone si erano incrociate ed erano state in missione insieme, allora mi sono detto “ok, bisogna indagare un po’ di più e scoprire come mai si sono trovate una spia inglese e un prete a fare una missione segreta insieme”.

Però, la curiosità nasce un po’ fortuitamente. Le pubblicazioni su Mallaby sono davvero poche, perlomeno in Italia, ma la sua storia ci ha incuriosito.

Nel libro, sono messi a confronto due differenti metodi di educazione e di formazione. Da una parte, l’educazione fascista che esalta la razza e la “rigenerazione”, dall’altra parte, lo scoutismo che è “internazionalista” nel suo compito di favorire il dialogo tra culture diverse. Continuare a praticare il metodo scout, durante l’opprimente ventennio fascista, fu, a suo modo, un atto di resistenza?

Sì, da parte di coloro che non obbedirono e non si adeguarono alle norme che disponevano lo scioglimento di tutte le associazioni e organizzazioni di questo tipo, fu una scelta di resistenza che poi, nel tempo, è diventata, a tutti gli effetti, una resistenza attiva.

Infatti, le Aquile randagie in particolare, all’inizio si “limitarono” a continuare a fare quello che avevano sempre fatto – campi scout e attività all’aperto – ma, a un certo punto, alcuni di loro fanno una scelta che è quella di fondare l’OSCAR e darsi da fare attivamente per mettere in salvo le persone.  

Via, la Svizzera è piccola, la barca è piena, non potete restare”. Queste sono le dure parole con le quali la guardia di frontiera ad Arzo, primo paese del Canton Ticino, risponde alla preghiera di Liliana (Segre) di permettere alla sua famiglia di attraversare il confine elvetico. L’immagine della “barca piena” mi ha inevitabilmente ricondotto ai tanti massacri che avvengono oggi giorno nel Mediterraneo … perché l’indifferenza regna sovrana?

Faccio una premessa: effettivamente queste sono parole che Liliana Segre utilizza molto spesso per raccontare la sua vicenda e, in effetti, sono parole che il governo svizzero, ai tempi, aveva utilizzato – venivano tenuti congressi all’interno dei quali si diceva che la Svizzera non poteva accogliere tutti perché la Svizzera era una piccola imbarcazione e tutti non ci potevano stare – e, di conseguenza, la guardia di frontiera, evidentemente, ha ripetuto a Liliana Segre quanto ai vertici ministeriali già circolava.

Il link che facevi tu è molto immediato con l’attualità. Ci sono tutt’ora movimenti politici che utilizzano la stessa metafora. Io sono, però, molto d’accordo con l’espressione che utilizza Liliana Segre quando dice che “sono cieli diversi”: è difficile paragonare cose che sono successe a distanza di così tanti anni, con scenari così tanto differenti, ma allo stesso tempo, la cosa che accomuna tutte queste tragedie, è l’indifferenza di fondo da parte dei molti.

Liliana Segre, nel carcere di San Vittore, diventa “vecchia giorno dopo giorno”; quando Cecil Mallaby rivede il figlio Dick, ha davanti agli occhi “uno sfinito vecchio uomo di venticinque anni”. Le atrocità della guerra invecchiano gli animi degli uomini?

Sicuramente, queste tragedie costringono molti a crescere in fretta. Se pensiamo anche al movimento partigiano, tantissimi partigiani erano dei ragazzi – diciottenni e ventenni – che fecero una scelta che li portò ad assumersi delle responsabilità che ora ci sembrano del tutto sproporzionate rispetto a quell’età.

Nel libro, viene evidenziato il rapporto molto forte tra l’andare in montagna e il senso di libertà: non fu un caso, infatti, che tante delle persone libere, che andavano in montagna, si schierarono nella guerra di Liberazione. Le montagne sono infatti luoghi per ribelli, per chi vuole confrontarsi con se stessi e i propri limiti, senza la pretesa di superare i propri confini, ma con l’obiettivo di conoscerli. Noto che, oggigiorno, tra i giovani, sta ritornando in auge la disciplina dell’arrampicata … può essere questo il segnale di una nuova voglia di libertà?

Questo non lo so, è una domanda difficilissima. Penso che la risposta sia molto personale. Sicuramente, a me viene abbastanza spontaneo associare le due cose, come si legge nel libro, penso che ci sia, effettivamente, questo elemento di libertà non solo nell’andare in montagna, ma nello stare in contatto con la natura, e ognuno lo fa a suo modo – c’è chi arrampica e chi più semplicemente trascorre il pomeriggio passeggiando in un bosco. Penso che la natura abbia molto a che fare con la libertà.

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