Tira aria di Sessantotto e non è autunno, ma primavera: venerdì 15 marzo 2019, davanti al Vittoriano, si è radunata una folla colorata di giovani. Alle manifestazioni studentesche la Capitale è abituata da sempre, ma questa volta il leader della rivolta viene dal Nord Europa: è una ragazzina di sedici anni con le trecce bionde, è svedese, le è stata diagnosticata la sindrome di Asperger e si chiama Greta Thunberg. Da un anno salta la scuola ogni venerdì, perché è convinta che non serva a nulla studiare geologia o geografia se il mondo che la circonda è destinato a cambiare in peggio. Sa bene, Greta, che un diploma non le sarà utile se il mondo cammina lentamente incontro ad una catastrofe ambientale.
Venerdì gli studenti e gli adulti le hanno dato credito in ben 106 Paesi. Impossibile non farlo: i video restituiscono l’immagine di una ragazzina dimessa ma solida, che parla piano e pondera le parole perché straordinariamente consapevole dell’importanza comunicativa del ruolo che le è stato donato dai media. A Cracovia, lo scorso dicembre, ha accusato gli adulti di immaturità, di noncuranza nei confronti del destino dei loro figli, di incapacità di pensare fuori dal quadrato.
Ciò che Greta contesta al politico medio, oltre al suo egoismo innato, è la sua incapacità di incontrare un orizzonte più ampio. Ogni aspetto della politica odierna si muove tra momenti di crisi (che vengono interpretati e trattati come tali) e valutazioni di ciò che è politicamente conveniente per il partito, per lo Stato, per il popolo. Eppure, ci ricorda Greta, non possiamo più parlare di una crisi da risolvere quando pensiamo all’ambiente. Non possiamo più assumere consulenti e firmar documenti, fare programmi e prevedere riduzioni. È il sistema che si deve adeguare in toto, e, affinché questo si verifichi e le raccolte differenziate non siano un gesto vano e meccanico, qualcuno deve cominciare a pensare a ciò che è giusto e necessario. A questo qualcuno si rivolge Greta: con lei, per la prima volta, i giovani manifestano senza più la pretesa di un’emancipazione che è già storia. Per la prima volta, i giovani manifestano per chiedere collaborazione, ascolto, apertura, buonsenso. Non è semplice, certamente, cambiare dall’oggi al domani politiche che affondano le loro radici nel vissuto di Paesi diversi tra loro, ma è necessario stabilire che ciò è indispensabile dell’operato civile. “Bisogna fare grandi sogni per fare piccoli passi”, d’altronde.
Non importa se qualcuno ironizza sulle sue trecce, sul suo operato o, peggio, sulla sua malattia: Greta è già leader e qualcuno la vuole premio Nobel per la pace. La sua battaglia è iniziata e già vinta per metà, al grido di “Terra ciao”, cantata con entusiasmo dai suoi coetanei di tutto il mondo.