Ucraina, l’infanzia è in pericolo

In questi giorni in cui l’Ucraina, da anni paese già fragile, è vessata con violenza da un ingiustificabile spargimento di sangue, l’infanzia dei bambini è sepolta sotto le macerie. Alle sofferenze del periodo pandemico si aggiungono quelle perpetrate dalla guerra, dal rumore delle bombe e dai sibili dei proiettili. La situazione dei più vulnerabili che vivono in orfanotrofio è aggravata dalla mancanza di una figura materna come punto di riferimento, che possa abbracciarli  per placare la paura. Sono bambini che vivono solo esperienze di scontri e abbandoni, destinati a segnare la loro sfera personale e relazionale e a trasformarsi in cicatrici che non andranno mai via, in traumi e in conflitti interiori durante tutta la loro crescita.

Come afferma la direttrice esecutiva dell’UNICEF Catherine Russell “i bambini hanno un disperato bisogno di pace in questo momento”. Drammatici sono anche i casi in cui i bambini malati combattono una doppia guerra, ad esempio quella contro il cancro, e vengono trasferiti in bunker sotterranei, posti più precari ma uniche via di fuga per sfuggire ai bombardamenti.

I bambini vivono, giorno e notte, in un costante stato di ansia, disagio e paura come mostrano molte mamme ucraine disperate che mettono adesivi con il gruppo sanguigno sui vestiti dei figli a scuola; bambini costretti a salutare il proprio padre destinato a combattere senza avere la certezza di poterlo rivedere vivo un giorno; persone sfollate nelle metro o che abbandonano le proprie case, i propri ricordi felici; i bambini che, con uno sguardo pieno di paura e aggrappandosi al proprio giocattolo o peluche, possono solo guardare la propria casa crollare sotto le macerie e partire, con temperature gelide, verso un’ipotetica isola di pace. Viktoria, una sedicenne ucraina che sogna, come tutti i bambini, una vita serena in un mondo migliore, afferma “pensavo fosse un sogno, ma è capitato che fosse reale”.

Non vi sono più posti sicuri: anche le scuole sono bombardate dalla violenza della guerra, sotto i cui colpi sono morti una bambina di sette anni e due insegnanti. Di fronte a questo spargimento di sangue, per molti bambini imparare con i propri amici non è più possibile. A tale proposito, Irina Saghoyan, direttrice di Save The Children per l’Europa Orientale, lancia un appello: “Le scuole non devono diventare campi di battaglia dove si scatenano guerre e gli studenti sono le vittime. Ogni scuola che viene danneggiata o distrutta, ogni lezione persa è un passo indietro per far sì che i bambini possano sperimentare, imparare, avere delle prospettive, costruire un futuro migliore.” I bambini hanno perso ogni punto di sicurezza e di riferimento. In questo clima di disperazione, il TikToker russo Alex Medved diffonde un messaggio di solidarietà per le strade con un cartello con la scritta “Se sei contro la guerra abbracciami”, di fronte al quale numerosi sono i bambini che corrono tra le sue braccia scambiandosi un abbraccio di conforto.

Ma tra le urla, le macerie, i morti e le sirene che comunicano nuovi bombardamenti ci sono anche vite che nascono come sprazzi di luce che strappano un sorriso di speranza nelle ore più buie. I neonati vengono messi al mondo, tra le lacrime, in condizioni altrettanto disagiate: nei rifugi antiaerei di Kiev, nei seminterrati degli ospedali ucraini trasformati in un reparto temporaneo.

Questi dovrebbero essere gli anni più spensierati, colorati di felicità, luce e speranza per il futuro, il cui tempo dovrebbe essere scandito dal gioco che, parimenti alla paideia di Froebel, è “la spirituale manifestazione dell’uomo nell’infanzia”. Ma tra conflitti e pandemia l’infanzia è minacciata.

Che ne sarà di questi anni strappati via con la forza dalle vite di bambini cresciuti troppo in fretta?

In questo clima turbolento, le parole del poeta Giuseppe Ungaretti, tratte dalla poesia “San Martino del Carso”, risultano più che mai attuali:

Di queste case / non è rimasto / che qualche / brandello di muro./ Di tanti / che mi corrispondevano / non è rimasto / neppure tanto. / Ma nel cuore / nessuna croce manca./ È il mio cuore il paese più straziato.

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