Faccio parte di quella borghesia privilegiata che vive al centro di Roma. Prati, di preciso. Quella piccola fetta di radical chic che domenica 16 gennaio è stata chiamata al voto per le suppletive del collegio uninominale Lazio 1-01. Poco più di dodicimila persone su oltre 100 mila aventi diritto hanno votato. E sì, io sono una degli astenuti. E adesso spiego anche il perché.
Il risultato scontato. La mano sul fuoco che avrebbe vinto il seggio Cecilia D’Elia in quota Pd, sfiorando il 60 per cento, contro il 22 della candidata del centrodestra Simonetta Matone. Canta vittoria Italia Viva, cui candidato, Valerio Casini, ha quasi raggiunto il 13 per cento. Peccato però che fosse sostenuto da una coalizione tanto ampia da sembrare strano il contrario.
Ma vittoria di che? L’affluenza all’11,33% di sicuro è una sconfitta per i partiti che anche questa volta hanno, volutamente, fatto passare in sordina un appuntamento in un collegio di certa rilevanza nella Capitale. Una possibilità mancata dal centrodestra, già sconfitto alle suppletive Roma 1 di marzo 2020 in seguito alla nomina a Commissario europeo per la fiscalità di Paolo Gentiloni.
Non esulto neanche io. Che questa volta ho deciso di astenermi. Su 185.394 abitanti con diritto di voto, 21.010 si sono recati al seggio. Complice la variante – in tutti i sensi – Omicron che ha costretto a casa molti di noi (tra cui, ahimè, la sottoscritta). Ma se non fossi stata in isolamento, sarei andata a votare? Molto probabilmente no. E perché? Sicuramente, il risultato scontato della vittoria del Pd nella zona nota come roccaforte del centrosinistra.
Certo è che il centrodestra ha fatto poco e niente per mobilitare il suo elettorato. Campagna inesistente, qualche volantino e post su Instagram a qualche giorno dal voto, nessuna proposta strutturale da parte della candidata, come messa lì per riciclo dopo la sconfitta alle amministrative. Che poi, sarebbe anche entrata in Consiglio comunale, se avesse voluto. Appunto, se avesse voluto. E poi quella stanchezza di fare campagne di qua e di là, l’abbiamo vista ovunque, da tutte le parti. Un’elezione passata in sordina, in cui i partiti non sono riusciti a trasmettere la necessità di portare in parlamento un proprio rappresentante.
Nonostante l’importanza di eleggere un deputato al collegio uninominale, soprattutto in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica, da elettore, cittadina, residente nel quartiere della Roma bene, ho voluto dire la mia, astenendomi. Un monito che deve arrivare forte e chiaro ai partiti in vista delle politiche 2023. Avere quasi l’88 per cento di astenuti è una sconfitta per tutti. Anche per il Pd, che, infatti, ha prontamente spostato la notizia della vittoria – troppo facile – in secondo piano. Un avvertimento ai partiti che pensano, ancora, di vivere di rendita.