“Il mio destino personale non conta assolutamente niente, non ho particolari aspirazioni di un tipo o di un altro, sono un uomo e un nonno al servizio delle istituzioni”, così il premier Draghi in conferenza stampa questa mattina. Parole che hanno l’eco del Quirinale non solo nelle orecchie dei retroscenisti.
A forza di pensare che il suo “destino personale” fosse irrilevante, Mario Draghi ha costruito una carriera brillante ai vertici delle istituzioni pubbliche e private più importanti del mondo. Ciò fa pensare che la sua premessa fosse un bluff, o meglio la captatio benevolentiae di un uomo che mostra disinteresse verso le scaramucce dei partiti, tuttavia di esse è stanco. Draghi è abituato a trattare: l’ha fatto in passato quand’era al Tesoro nel passaggio da lira a euro, lottando contro le iniziali riluttanze dell’Europa, così come durante la crisi della moneta unica all’inizio del decennio scorso. Pertanto, senza alcuna parola di troppo, avrà trattato anche per il Colle. Quantomeno con quelli che lo vorrebbero lì per aprire una nuova fase elettorale.
Ma le parole pronunciate oggi potrebbero essere un’apertura più decisa verso la prima carica dello Stato, nonostante, come ricorda Gianfranco Rotondi, “al Quirinale non ci si candida ma si è candidati”. Però se a candidarsi è Draghi, forse questo assunto può vacillare. A ben vedere, la metafora del nonno collima con il sentimento degli italiani nei confronti del Presidente della Repubblica: una figura super partes, di garanzia, verosimilmente vetusta, inflessibile e saggia. In verità, la realtà dei fatti negli anni repubblicani ha smentito lo stereotipo del Presidente inerme. Basti pensare a Napolitano, interventista nelle dinamiche politiche e parlamentari, o a Mattarella, che negli ultimi mesi ha preso una posizione forte in chiave europeista (ha parlato di “sovranità condivisa”).
Draghi, pertanto, sa bene che il ruolo del Capo dello Stato non è solo il coronamento della sua carriera – di lui al Colle si parla da anni -, ma anche una posizione privilegiata sui principali dossier nazionali e internazionali.
Infine, il premier ha ricordato come la responsabilità della decisione “è interamente nelle mani delle forze politiche, non nelle mani di individui”. È chiaro, così, che ci sarebbero alcuni partiti pronti a sostenerlo (che sia il candidato che il centrosinistra sta cercando da mesi?), mentre altri, temendo lo spettro dell’urna, avrebbero delle riserve.
Con Draghi al Colle, la soluzione al governo potrebbe essere una figura “indirizzata” dall’ex Bce che chiuderebbe l’ultimo anno di una legislatura durante la quale, ragionando in tale ipotesi, si sarebbero susseguiti 4 premier “tecnici”. Altrimenti occorrerebbe predisporre le urne entro l’estate, con tanti problemi di natura logistica, pandemica e politica.
Un quadro migliore, con la salita di Draghi al Quirinale, si prospetterebbe con difficoltà.