Liberaci, o Cultura, da tutti i mali: Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria – Roma

Di Riccardo Piazza e Rita Rassu

«Questa è una fiera meravigliosa per piccoli e medi editori, ma anche per le scuole e per le famiglie, per tutti coloro che sono interessati a livelli diversi e a diverse età. Nel corso degli anni questa fiera è diventata un bollitore di idee, suggestioni e confronti. Se noi riuscissimo a creare un vero patto per la lettura, con un lavoro radicato nei soggetti che presidiano l’educazione e la diffusione della lettura, si riuscirebbe a creare quella «prossimità», quel circolo magico vicino al lettore. Sfogliando questi cataloghi, sono orgoglioso della nostra ricchezza, affrontare anche la contemporaneità con questo atteggiamento fa la differenza. La competizione è sana, anche in Editoria, anche se credo che dovremmo essere più leali, seguire una vocazione, una coerenza anche per i giovani che leggono. I giovani sono in grado di ascoltare (al contrario di quanto si pensi), quindi bisogna trovare il linguaggio, non farli sentire distanti, parlare in maniera inutilmente diversa dalla loro».

L’analisi dell’editore Vittorio Bo riassume perfettamente il senso della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria Più libri più liberi. Non una fiera che ha come fine la compravendita del prodotto libro, quanto la prossimità come incontro e confronto tra lettore e filiera. Filiera identificata non solo nella figura dell’editore. Quest’anno, infatti, la Fiera si fa anche opportunità; l’opportunità per (ri)scoprire le biblioteche quali poli culturali fecondi di iniziative artistiche, oltre che luoghi attraverso la quale l’importante lavoro di archivio si fa carico della memoria letteraria. Scrivo biblioteche ed editoria perché il terzo ospite del circolo magico di Bo è assente. Le librerie sinonimo di confronto e di accoglienza, nonché di consiglio e fratellanza, sono assenti. Assenti perché come sostenuto dalla portavoce dell’Associazione Librai di Roma e provincia, Ilaria Milana, la Fiera si svolge nel mese di dicembre, mese in cui le librerie hanno un impatto sul fatturato di circa il 30%. Così, dopo diversi tentativi di richiesta di spostamento della data, le Librerie compatte hanno disertato la Fiera. Del resto le loro ragioni sono evidenti: perché come riportato più volte, il mercato della cultura è si in crescita ma l’incremento non riguarda le librerie fisiche, che hanno perso invece dal 20-50% del fatturato annuo (al contrario di Amazon). Inoltre, come titola un pezzo della piazza digitale “Libreriamo”, le librerie romane vivono il loro tramonto tra chiusure e cali sul fatturato.

A questo proposito è intervenuta, veemente e con pathos epico, Daniela di Sora, editrice di Voland la quale, quasi con tono catilinario, ha chiesto di «non essere additata come nemica delle librerie e dei librai indipendenti, perché la collaborazione è alla base del lavoro editoriale». Al seguito degli applausi, commossa ma ferma sulle sue posizioni, continua «la collaborazione non è mandare dei volantini perché, in Fiera, ci sono editori che non mettono piede in libreria». La richiesta è semplice, bisogna aiutarsi a vicenda, librai ed editori: «chiamateci, chiamate gli editori: noi vi parliamo dei nostri autori, ci siamo da vent’anni, cambiare una data si può fare ma non è su questo che bisogna fare la guerra».

Il catalogo ADEI, disponibile sia in versione cartacea che digitale, è indubbiamente ricco e caratteristico. Sono circa 250 gli  editori indipendenti che aprono le loro porte – e i loro libri – a lettori, librerie e biblioteche, con dati avvincenti e idee nuove che vanno dalle opere filosofiche delle Edizioni Tlon, al rapporto tra topografia e letteratura de Il Palindromo; dalla letteratura Nord-Europea di Iperborea a quella mediterranea di Mesogea.

È proprio alla raccolta “Le Regine della filosofia a cura di Tlon, infatti, che la fiera decide di lasciare un intero spazio, dando la possibilità alle sue curatrici di raccontare una storia interamente fatta di donne e filosofia; donne grandiose eppure, come spesso accade, dimenticate sia dalla critica letteraria che dai manuali. Quante sono le donne che nel corso della storia non hanno, nell’effettivo, potuto far parte attivamente della disputatio filosofica? L’evento, come il libro, ruota tutto attorno a questa domanda, provando a dare una risposta nonostante la consapevolezza di non poter donare al mondo nulla di davvero esaustivo.

«Le donne dimenticate sono troppe» afferma Ilaria Gaspari la quale, tuttavia, immagina il libro come un working project,una lista in continuo aggiornamento che vede il canone, non come metro fisso, lapidario, ma come modello in divenire. Il lavoro che ancora va fatto parte dalla volontà di (ri)conoscere l’apporto che le donne hanno dato alla filosofia. Donne carismatiche ma diverse, talvolta oberate di responsabilità enormi legate al potere, talvolta emarginate ai confini della società come prostitute o streghe. La storia che ci siamo raccontati è parziale quanto la memoria storica che possediamo; ed è proprio per questo che è importante lavorare, anche affondando nella scrittura prodotta dallo sguardo di chi, pur non essendo mai stato interpellato, ha trascritto il proprio punto di vista dando vita a una versione altra della storia, capace di restituirci elementi destinati, non ad opporsi al conosciuto culturale e storico, ma a completarlo.

Nella prefazione Maria Ginacitan sottolinea proprio questo concetto di preservazione e conservazione, basandosi sulla curiosità dell’arricchire quanto già noto con quanto (ancora) sconosciuto. «I filosofi che abbiamo amato e che conformano il nostro pensiero hanno cercato di restituirci qualcosa sul modo in cui noi stiamo al mondo e sul modo in cui  stiamo insieme alle altre persone ma,  allo stesso tempo, immersi nella loro cultura hanno finito per escludere quello che per loro non era filosofia». 

Così facendo si rischia di creare un panorama discreto ma non completo che, se da un lato ha al colpa di generare un debito culturale, dall’altro ha il merito di generare un’enorme curiosità che spinge, ogni anno sempre di più, non solo gli studiosi ma anche gli editori, ad approfondire e (ri)scoprire tematiche già note.

Una casa editrice che fonda il suo intero catalogo su questa impresa di riscoperta e messa in discussione è Gog Edizioni che, nel suo modo frizzante e senza eguali, rivendica un’editoria che sfida le convenzioni, persino quando si tratta di romanzi senza tempo come i classici. «Fondamentalmente vogliamo pubblicare quello che ci piace, continuando ad andare contro corrente secondo il nostro stile. Come diciamo nella nostra bio, l’obbiettivo é andare a ricercare il dubbio, mettere in discussione tutto, farsi delle domande e andare alla ricerca delle risposte. In una società dove tutto é sempre sicuro (o fintamente tale), la ricerca sta alla base di ogni conversazione e pubblicazione. In pratica il nostro obbiettivo é mettere a rischio ogni certezza.»

E forse, non è questo che i libri devono fare? Mettere in discussione tutto, arrivando al momento giusto, coinvolgendo persone, ideali, pensieri? Non ricade forse sui libri la possibilità di dare voce a tutti? Anche a chi non ha il coraggio o semplicemente non può parlare?

La Fiera del Libro, dopo un anno di pausa forzata, è riuscita a dimostrare questo e anche di più, facendo della libertà un vero e proprio baluardo e dimostrando che questa, quando è vera, avviene nella comprensione e nel tentativo comune di portare la letteratura a livelli diversi, facendola scendere dal piedistallo accademico per farle incontrare la vita; una vita non perfetta, fatta di difficoltà e impedimenti, curiosità e stupore.

E se quest’anno le libreria non hanno voluto partecipare, ci sarà tempo per il prossimo anno perché, quando si tratta di libri, la discussione è sempre aperta e, forse, è bene che sia così.

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