La Festa del Cinema di Roma: l’invito a cena del teatro alla Settima Arte

«Una sala così piena è una meraviglia», le prime parole dell’Incontro Ravvicinato con Tim Burton sono di Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma e istituzione della filiera da New York (dove insegna) a Roma (dove dirige). C’è lui, insieme a Richard Peña, a discorrere con il premio oscar Tim Burton che confessa di non aver dormito la notte prima dell’incontro. A consegnargli il premio i pluripremiati Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo e Gabriella Pescucci, che il regista americano ha omaggiato per diversi tratti.

In realtà, gli omaggi iniziano sin da subito parlando della propria ammirazione per Bava, Fellini e Argento. Di Bava ricorda che, durante un film festival dell’orrore, l’unico film ad averlo colpito veramente era proprio La maschera del demonio del maestro del cinema horror italiano. Il filo del discorso è assolutamente libero da qualsivoglia censura: discorre nella critica all’animazione Disney degli anni Ottanta, sino alle critiche al suo Batman e ai complicati rapporti con McDonald. Dopodiché riserva la sua attenzione alla colonna sonora e alla scenografia «personaggi vivi nel film» e sulle ispirazioni per i suoi film.

«Edward mani di forbice? È così struggente perché è la mia vita, in particolar modo la mia infanzia. Mi sentivo realmente così. Sono cresciuto sentendomi come lui. Non mi considero uno scrittore ma devo cercare qualcosa con cui poter rapportare, qualcosa che mi ispiri»

Dopotutto, l’ispirazione viene anche dalle carte che avvolgono le carte delle gomme e l’importante è ricordarsi di considerare la creazione del film come un’opera collettiva nella quale ruotano diverse figure. Complesso e imprevedibile gestire il rapporto con gli Studios.

«Il mio rapporto con gli Studios? Io ho fatto unicamente film con gli Studios, sono in una posizione strana ma, nonostante questo, sono riuscito a fare ciò che volevo fare. Ancora mi sorprendo come ci sia riuscito, anche perché lì si tratta di soldi, di business. Forse non hanno mai capito cosa stessi facendo».

Ma la Festa del Cinema di Roma non è solo cinema. Ciò potrà sembrare strano ma per la collaborazione straordinaria con il Teatro dell’Opera di Roma è stata proiettata su di uno schermo La Traviata, per la regia di Mario Martone e la direzione di Daniele Gatti. Realizzata nel corso della stagione 2020/21 in collaborazione con Rai Cultura è diventata il simbolo di un teatro che non si è arreso alle platee vuote. Nonostante la peculiarità dell’evento, la Violetta di Lisette Oropesa e l’Alfredo di Saimir Pirgu sono stati capaci di far emozionare gli spettatori presenti in questo strano giuoco delle parti dove il cast ha recitato senza pubblico e il pubblico ha visionato senza cast. La tradizione scende a patti con la tecnologia e la Settima Arte incontra la sua nemesi proprio al Teatro dell’Opera, circondato dalle attrezzatissime multisala. Forse solo l’anno appena trascorso, con tutti i suoi drammi e silenzi, aveva le capacità di portare queste due rivali a cena fuori. Forse è questo il futuro del teatro o, d’altro canto, potrebbe anche essere la sottomissione del cinema al palcoscenico ma invito il lettore a non farsi la domanda quanto, piuttosto, a chiedersi se non sia il caso di lasciare a casa telefoni e piattaforme varie e tornare a vedere spettacoli, siano questi teatrali o cinematografici. La Festa del Cinema di Roma ha un inizio e una sua fine ma l’amore e la passione che guidano tanto gli addetti del mondo dello spettacolo quanto gli spettatori non può certo esaurirsi.

C’è ancora uno spettacolo a cui partecipare: il prossimo.

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