La notizia della settimana, quella che tutte le agenzie desideravano, frementi, di battere, è realtà: l’On. Francesca Donato lascia la Lega. Se non fosse che i tempi di straordinarietà pandemica non consentano pause, l’Italia tutta si fermerebbe dinanzi a questa scelta, di portata nazionale e con conseguenze sulla solidità politica del Paese.
Umorismo a parte, la scettica Donato saluta un partito che ha scelto di entrare in un governo i cui provvedimenti “hanno calpestato i valori dell’uguaglianza, della libertà individuale e della dignità umana”, come si legge, aggiustando l’ordine del discorso, dalla lettera di commiato pubblicata sul suo blog. I decreti varati dall’esecutivo sarebbero “liberticidi e discriminatori”; attendiamo con trepidazione i reportage dell’Onorevole sempre in tailleur dal Medioriente o dall’Africa, durante i quali racconta in prima linea, documentandole, le violazioni di libertà dei peggiori regimi del pianeta. Immaginiamo che solo in questo modo possa aver parlato, razionalmente, di libertà calpestate e di discriminazioni in Italia, ovvero dopo aver conosciuto, nei panni di coraggiosa reporter, situazioni ove ciò accade davvero. Altrimenti si tratterebbe di pura propaganda, peraltro dannosa, che tuttavia ha avuto come unico effetto quello di emarginarla dal partito.
La Lega è cambiata? Non lo sappiamo. Certo è che Salvini, come anche la stessa Donato ha ammesso, è in minoranza. La Lega di governo è vincente, oggigiorno. E come può una radicale – solo negli ideali – continuare a militare in un partito che della lotta ha perso quasi tutto, fuorché qualche vecchia e ridondante uscita sugli immigrati – “risorse”?
Le sue posizioni anti vaccino e anti Green Pass l’hanno messa al centro del vortice mediatico, in parte apprezzata (chissà da chi), in parte largamente criticata. Però, a ben riflettere, alla Donato questa polemica circa un aspetto ha giovato: tutto sommato, se prima era una di quelle elette e operanti nell’anonimato, oggi si fa conoscere agli occhi degli elettori. I quali, in Europa, votano col paraocchi che i partiti gli impongono. Con risultati evidenti.