Manovra scellerata, strategia da ultimatum, scelta avventata, identità rivelata. Tante le perifrasi che calzano a pennello con la scelta del Carroccio di ostacolare l’approvazione in Commissione Affari Sociali del decreto sul Green Pass. Tuttavia, una sola parola basta a chiarire la scelta dei deputati leghisti: elezioni. Si avvicinano importanti scadenze elettorali e la Lega, da partito di governo, torna partito di lotta.
Enrico Letta è stato perentorio: “Si sono messi fuori dal governo”. Gli piacerebbe. In realtà i leghisti hanno seguito una strategia chiara, votando contro il Green Pass, ovvero quella di ribadire le proprie origini. Con l’avvicinarsi di scadenze elettorali significative, il “partito di governo” non è l’immagine che piace a quegli elettori, storici ma dalla memoria sbiadita, che si ricordano come votare solo a due settimane dalle elezioni. Perciò meglio ribadire che la Lega è contro uno strumento discriminatorio, governista e politicamente corretto come il certificato verde. Peccato che esso è stato approvato nello stesso Cdm in cui siede anche la Lega – che in quell’occasione si era astenuta, tuttavia.
Tra poco si voterà nei principali capoluoghi italiani, tra cui Milano, Napoli e Roma, alle suppletive per la Camera dei Deputati nei collegi di Siena e Roma – Primavalle e anche per eleggere il governatore della Regione Calabria. Appuntamenti immancabili che segneranno la strada da percorrere per i partiti nei prossimi mesi, compresa l’elezione del Capo dello Stato. E così la Lega deve ritrovare uno spirito di lotta, che ultimamente ha perso. Matteo Salvini, dal canto suo, sa che non deve tornare a essere il politico che citofona in cerca di delinquenti, giacché quella strategia, tra il 2019 e il 2020, l’ha pagata cara. Tuttavia, l’obiettivo è non mostrarsi troppo cambiati, troppo “imborghesiti”, rispetto agli elettori più radicali del Carroccio che, invece, preferiscono una politica più cruda nei modi e nei fatti. Anche perché il fiato sul collo della Meloni è forte: se si parte dall’assunto che Lega e FDI interessano, all’incirca, la stessa fetta di elettorato, allora Giorgia Meloni può davvero rubare consensi all’alleato (si fa per dire).
Con la minaccia di FDI, che alcuni sondaggi* danno addirittura in testa alla classifica, e con l’approssimarsi dell’urna, la Lega ritrova se stessa. E lo fa riguardo a un tema molto scottante, ovvero il Green Pass. Funziona così: si prende un argomento tanto impellente quanto divisivo e si inverte la rotta delle scelte all’improvviso. In questo modo si auspica che gli elettori notino il cambiamento, dicano che “la vecchia Lega è tornata” e madama la marchesa. La speranza più grande, ovviamente, è che votino pure, altrimenti tanto clamore per nulla.
Perciò invocare che il Carroccio esca dalla maggioranza e apra una crisi di governo, l’ennesima, è parlare a vanvera. In un contesto dove la politica è contraddistinta da serietà e rigore istituzionale, sarebbe un discorso più che giusto. Ma nella politica odierna, dove la campagna elettorale è eterna e la guerra mediatica feroce, il ragionamento è inverosimile.
*SWG, 30 agosto 2021