1871-2021: Un secolo e mezzo di Roma Capitale

I mezzi d’informazione, generalmente attenti a ricordare anniversari di eventi passati più o meno importanti, hanno dato pochissimo rilievo a uno che ritengo ampiamente meritevole di memoria, e non mi riferisco ai 200 anni che in questo 2021 ci separano dalla morte di Napoleone Bonaparte (evento storicamente rilevante ma ormai privo di connessioni con il nostro presente), bensì ai 150 anni che ci separano dalla proclamazione di Roma capitale d’Italia.

Infatti la città, tolta senza troppa difficoltà dall’esercito italiano allo Stato Pontificio il 20 settembre 1870 a seguito del breve combattimento di Porta Pia, fu proclamata capitale del Regno d’Italia con legge del 3 febbraio 1871. Fu l’atto conclusivo del Risorgimento italiano, che vide coronato il sogno di vedere la nazione da poco unificata rappresentata da quella che tutti ne consideravano la capitale morale.

L’essere divenuta capitale ha segnato profondamente l’aspetto di Roma, che, senza quell’evento, sarebbe assai diversa da come oggi la conosciamo. La Roma del 1871 era una piccola città di circa 200.000 abitanti il cui tessuto urbano, che vedeva amplissimi spazi vuoti coltivati a campi e orti all’interno dell’immenso perimetro delle Mura Aureliane, era in gran parte costituito da casupole affacciate sugli stretti vicoli all’interno dell’ansa del Tevere. Tale tessuto povero e minuto era qua e là interrotto da imponenti palazzi nobiliari, da sontuose basiliche e da immense testimonianze del passato, prima fra tutte il Colosseo.

Non intendo con ciò affermare che la Roma di oggi, ove non fosse divenuta capitale, sarebbe ancora quella del 1871; sarebbe ugualmente cresciuta forse fino a diventare una metropoli e si sarebbe modernizzata al pari di tutte le altre città. Ma talune sue peculiarità sono strettamente legate al fatto di essere divenuta capitale d’Italia.

Solo per fare qualche esempio mi piace ricordare che la via Nazionale e l’intero quartiere sviluppato intorno a essa, frutto delle speculazioni edilizie dell’arcivescovo de Mérode, non sarebbero cresciuti così in fretta negli anni immediatamente successivi al 1871 se non si fosse previsto un forte aumento della popolazione conseguente alle opportunità di lavoro offerte da Roma neo-capitale. Analoga dinamica condusse alla realizzazione del quartiere Prati sull’area prima occupata dai Prati di Castello.

Solo in quanto capitale Roma poté vedere la realizzazione della mastodontica mole del Vittoriano, la cui costruzione comportò lo stravolgimento di una vasta area edificata addossata alla basilica di Santa Maria in Aracoeli.

Solo in quanto capitale, e pertanto sede del Parlamento, Roma vide l’ampliamento del seicentesco palazzo di Monte Citorio con l’aggiunta novecentesca – quella affacciata sulla piazza del Parlamento – al cui interno è ubicato l’emiciclo della Camera dei Deputati.

E solo in quanto capitale Roma poté assistere alle monumentali realizzazioni con cui il fascismo, celebrando la grandezza dell’Urbe, intendeva celebrare se stesso: la via dei Fori Imperiali, l’EUR (sede di una programmata esposizione universale del 1942 che le vicende belliche impedirono di tenere), il Foro Italico e la via della Conciliazione ne sono solo gli esempi più evidenti.

Le citate trasformazioni urbane, e altre che sarebbe lungo elencare, sono figlie di quel 3 febbraio 1871 in cui Roma divenne capitale d’Italia. Se furono trasformazioni positive o negative è quesito cui non intendo qui dare risposta: ognuno darà la propria. È certo comunque che questo centocinquantenario, 1871-2021, merita di essere ricordato, con l’auspicio che sia l’inizio di un’era felice per la città e che essa venga progressivamente liberata da tutto ciò – degrado, dissesto stradale, immondizia, ma anche criminalità, corruzione e malaffare – che merita da parte di chiunque un giudizio decisamente negativo.

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