Comico visionario, nel senso che la sua comicità l’ha portato ad avere ripetute visioni nel corso della propria carriera, politico e fondatore dell’attuale primo partito in Parlamento. Se non fosse che ama stare al centro dell’attenzione, al pari degli uomini che egli ha plasmato, dopo questo incipit potrebbe, ormai, vivere il proprio otium in pace in una villa tra le bellezze delle Cinque Terre. E invece no, vuole ancora dire la sua e decidere le sorti del Movimento 5 Stelle. Passa il tempo, non il modo di fare.
Grillo non solo ha creato dal niente il Movimento, e per questo gli va riconosciuta la bravura di aver percepito i malumori del popolo, ma ha anche dato vita a uomini come Di Maio e Conte, li ha resi importanti e gli ha conferito un posto nel mondo. Come un antico demiurgo, egli ha costruito Luigi Di Maio, che da addetto allo stadio San Paolo (oggi Diego Armando Maradona) ora è diventato un politico piuttosto sveglio, già tre volte Ministro; ha plasmato Giuseppe Conte, mago del trasformismo pettinato, prima sovranista poi europeista e ora riformista, già due volte premier.
Il primo l’ha messo a capo del Movimento, quando ancora, seppur per poco, era un gruppo ben nutrito di ribelli anti casta: con Di Maio leader i 5 Stelle hanno vissuto la migliore stagione politica della loro storia. Di lì a breve, però, la voglia di tuffarsi nelle fontane dorate dei palazzi ha avuto la meglio: scandali, privilegi, tradimenti e cambi di casacca. Dall’anti politica alla politica più ortodossa nel solco della tradizione secondorepubblicana.
Il secondo, invece, a capo del Movimento ha provato a mettersi da solo. E zac!, il Garante/Padrone l’ha subito rimesso al suo posto. L’avvocato del popolo vuole tornare tra la sua gente, ma vuole altresì dare una struttura al partito. L’idea è onesta: sono diventati nell’apparenza più evidente ciò che combattevano, tanto vale completare la trasformazione anche nella sostanza. Grillo dice che Conte non è adatto e che passerà per il voto di Rousseau. Conte, intanto, medita.
Riecheggiano, allora, le parole di Vittorio Sgarbi: “Si chiamano grillini, mica contini”. Come per dire: sono fatti a somiglianza di un comico, mica di un avvocato.
Caro Domenico, quella che definisci “migliore stagione” dei 5 Stelle forse è stata migliore solo per loro. Dal mio punto di vista la stagione della decrescita felice, del no TAV, no termovalorizzatori, no olimpiadi, del proclama dal balcone di Palazzo Chigi e dei deputati saliti sul tetto di Montecitorio come nelle rivolte dei carcerati ha ben poco di buono e tantomeno di “migliore”. Un caro saluto. Antonio
Caro Antonio, senz’altro concordo. Infatti nel testo ho scritto così: “La migliore stagione politica della loro storia”. Quei proclami sono discutibili, e difatti io li discuterei, ma sono stati parte integrante del loro progetto politico. Della loro storia, per l’appunto. Che, comunque, li ha visti protagonisti di una stagione politica percentualmente felice. Poi le cose sono cambiate, perché in Italia, come ben sai, l’elettorato è tanto facilmente persuadibile quanto velocemente incline alla noia.
Un saluto caro.