Un leader non più credibile

“Non sarò un leader dimezzato – ha detto Conte nella conferenza stampa – voglio una maggioranza ampia, non mi presto a un progetto in cui non credo. Non posso  assumere una decisione solo con il cuore se poi la testa mi suggerisce che il  percorso è sbagliato.”

Parole molto chiare quelle dell’ex capo del governo, che suonano come un ultimatum. Parla da leader politico, autorevole, forse autoritario, che non vuole rinnegare sé stesso e che non sembra pronto a scendere a compromessi per niente e con nessuno.

Quasi non lo si riconosce Giuseppe Conte, che dal 2018 ad oggi, invece, di compromessi ne ha fatti tanti, arrivando addirittura a rinnegare se stesso quando, da fervente sovranistra, amico di Trump e di Salvini, sulla via di Bruxelles si è scoperto progressista e primo sostenitore della “matrigna” Europa.

Lo ricordiamo tutti, con quanta semplicità ha retto cambi di maggioranza e ribaltato le proprie convizioni, dimostrandosi, più che un uomo di Stato, un grande uomo di potere.

In fondo, chi siamo noi per biasimarlo. Per due volte è stato “sull’altare”, come Napoleone, e proprio come l’Imperatore francese, anche lui si prepara a quelli che rischiano di diventare i suoi “100 giorni”.

“Non posso prestarmi ad un’operazione in cui non credo” aggiunge, ancora, Giuseppe Conte.

A questo punto le domande sorgono spontanee, perché a molte operazioni si era prestato quando era Presidente del Consiglio. Credeva in quota 100? Credeva nel blocco degli sbarchi e nei decreti sicurezza? Credeva in tutto quello che in anno e mezzo, al governo con la Lega, ha avallato e sostenuto?

Ai posteri l’ardua sentenza. Certo è che quelle di Conte sono parole suggestive, apprezzabili, coraggiose. Peccato che non sia più credibile la bocca dalle quali vengono pronunciate, perché per troppe volte lo abbiamo visto volteggiare, cambiare idea, rinnegare quanto fatto pochi istanti prima.

Allora, la conferenza stampa andata in scena il 28 giugno non è altro che l’ennesima commedia recitata da un avvocato dalle grandi doti comunicative, capace di parlare bene, usando le parole giuste.  Ma non dimentichiamoci che anche i sofisti greci erano degli eloquenti comunicatori. Questo, però, non significa che fossero anche nobili nell’animo e negli intenti.

La retorica è qualcosa che, se usata in modo scorretto, fa profondamente male alla politica. E nell’arte della retorica Conte è maestro, oltreché professore.

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