I diritti umani in Iran: la lotta di Nasrin Sotoudeh

Il 30 maggio 2021 ricorreva il compleanno dell’avvocata e attivista iraniana militante per i diritti umani Nasrin Sotoudeh (Teheran, 30 maggio 1963). Nata nel 1963 in una famiglia iraniana “religiosa, borghese”, voleva studiare filosofia ma – non avendo abbastanza voti alti per essere ammessa alla facoltà – si indirizzò verso la Shahid Beheshti University, dove si è laureata in diritto internazionale. Ha sostenuto e superato l’esame di avvocato nel ’95 ma non ha potuto esercitare la professione immediatamente: ha dovuto attendere 8 anni.

Si è sposata nel ’94 con il marito Reza Khandan, da cui ha avuto due figli: la primogenita Mehraveh e il maschio Nima. È la stessa Nasrin che definisce il marito un uomo veramente moderno, perché la sostiene in toto in ambito sociale e legale. 

Sotoudeh ha rappresentato legalmente attivisti e giornalisti come Kourosh Zaim, Isa Saharkhiz, Heshmat Tabarzadi, Nahid Keshavarz, Parvin Ardalan, Omid Memarian e Roya Toloui, nonché abusi sui minori, procedimenti penali e difesa delle donne che protestano contro l’obbligo di indossare il velo in Iran.

Scrittrice e attivista iraniana per i diritti umani, nel 2010 è stata arrestata con l’accusa di aver diffuso menzogne contro lo stato e per aver cooperato con il Defenders of Human Rights Center. Nel 2011 ha vinto il premio PEN/Barbara Goldsmith per la libertà di scrittura e contemporaneamente è stata condannata a 11 anni di prigione e interdetta dai pubblici uffici. La sua pena è stata successivamente ridotta e Nasrin è poi tornata in libertà nel 2013. Nel 2012 il premio Sakharov dal Parlamento europeo per la libertà di pensiero.

La sua carriera, è brutto doverlo ammettere, è stata la causa del suo arresto immediato nel 2018, accusata di “reati di sicurezza nazionale”. In realtà, come la maggior parte dei prigionieri politici in Oriente, ha protestato contro il regime politico iraniano a favore, invece, della democrazia. La condanna ricevuta nel 2019 è stata 38 anni di prigione e 148 frustrate per “incitamento alla corruzione e alla prostituzione” e per atto peccaminoso perché non indossava il velo in una manifestazione.

Una donna da ammirare e apprezzare a testa alta, perché ha anteposto la difesa di qualcosa di aleatorio come sono i diritti umani alla sua famiglia e alla sua carriera. Dei 38 anni, però, ne deve scontare almeno 12 in carcere. Ma già dall’agosto dello scorso anno ha avuto problemi di salute conseguenti allo sciopero della fame fatto per il rilascio dei prigionieri politici nelle carceri iraniane, prive di alcun genere di protezione contro il Covid-19.

L’8 novembre 2020 è stata rilasciata momentaneamente per le sue condizioni di salute critiche ed ha lasciato un messaggio sulla sua pagina Facebook (attualmente oscurata) per coloro che si stanno impegnando al rilascio dei prigionieri politici:  

“Cari amici e attivisti per i diritti umani,

con il vostro amore e cura, sono tornata a casa in congedo medico per seguire le mie cure. Ogni giorno che passo fuori di prigione aspetto di sentire la notizia del rilascio di tutti i prigionieri politici.

Vorrei esprimere la mia gratitudine a tutte le organizzazioni nazionali e internazionali in Iran e all’estero, alle associazioni nei vari Paesi, alle organizzazioni per i diritti umani e a diversi individui come artisti, scrittori, politici, attivisti per i diritti civili, difensori dei diritti umani, testate giornalistiche e i miei cari colleghi di tutto il mondo. È grazie al vostro affetto e sostegno che i prigionieri politici possono sopportare la prigione.

Sperando nel rilascio di tutti i prigionieri politici. Nasrin Sotoudeh”.

Il suo rilascio è stato documentato dal marito Reza sulla sua pagina sociale, in cui Nasrin appare sorridente con in mano delle margherite mentre abbraccia il figlio minore Nima sussurrandogli “Sei davvero cresciuto”.

In suo onore è stato creato anche un documentario diretto da Jeff Kaufman, narrato dal premio Oscar Olivia Colman, con la partecipazione della giornalista statunitense Ann Curry, dell’avvocata e attivista Shirin Ebadi (fondatrice di Defenders of Human Rights Center in Iran e Premio Nobel per la pace nel 2003), di Narges Hosseini (studentessa in sociologia, arrestata per aver protestato contro la legge iraniana sull’hijab), del marito di Nasrin Sotoudeh, l’attivista Reza Khandan, del regista Jafar Panahi, del giornalista Taghi Rahmani, di Marietje Schaake (componente del Parlamento europeo e del Liberaal Democratische Partij), di Mansoureh Shojaee (leader del movimento per i diritti delle donne iraniane).

Il documentario è stato presentato nel 2020 al Doc NYC, Boston GlobeDocs Fest, Denver Film Festival, all’International Human Rights Film Festival in Germania, e l’anno seguente al Festival Cinéma & Droits Humains a Parigi e Imagine! Festival of Ideas & Politics in Irlanda. Ha ricevuto il premio Seal of Peace come Miglior documentario al Festival Internazionale Cinema e Donne di Firenze nel 2020.

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