Delitto d’onore e femminicidio: profili culturali e letterari

Può sembrare irriverente nei confronti delle vittime affermare che le sempre più frequenti notizie di femminicidi e in generale di delitti dettati dal movente delle gelosia mi evocano reminiscenze scolastiche, letterarie o legate al mondo del teatro. Ma non è così, perché queste reminiscenze sono utili, almeno per me, a formulare sul fenomeno riflessioni di più ampio respiro rispetto a quelle dettate dal mero dato di cronaca.

Ho quindi pensato a un testo di Lisia che il professore di greco ci fece tradurre in terza liceo: l’orazione in difesa di Eufileto, accusato dell’uccisione di Eratostene, sorpreso in flagrante convegno amoroso con sua (di Eufileto) moglie. L’orazione non si limita alla difesa dell’omicida ma è un’autentica apologia della legge ateniese vigente all’epoca che mandava assolto l’autore del “delitto d’onore” anche se premeditato. È un testo pregno di un maschilismo greve e per noi inaccettabile, che ne ha fatto una delle peggiori esperienze della mia carriera scolastica.

Ho anche pensato al quinto canto dell’Inferno dantesco, quello degli amanti Francesca e Paolo entrambi uccisi dal marito di lei. È vero che Dante, figlio del suo tempo pur nella sua smisurata grandezza di intellettuale e di poeta, non poteva non collocarli all’inferno. Ma è altrettanto vero che il poeta da un lato riserva ai due innamorati una pietas prossima alla commozione e, dall’altro, non esprime alcuna approvazione né tantomeno compiacimento per il gesto omicida del marito tradito.

E così pure ho pensato a due opere del repertorio lirico della seconda metà dell’Ottocento: Carmen di Georges Bizet e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. In entrambe si consuma un femminicidio a opera del compagno tradito. In Carmen si percepiscono al contempo condanna e commiserazione sia per l’omicida José che per la vittima Carmen. Entrambi contemporaneamente artefici e vittime del proprio triste destino. In Pagliacci c’è un atteggiamento più distaccato dell’autore, che pare non approvare e neppure condannare né il tradimento di Nedda né il gesto violento di Canio. L’autore appare come osservatore distaccato, in linea con i dettami di oggettività propri della poetica del verismo. Vi è solo un momento di concessione alla pietas per il dolore del consorte tradito nella celebre aria “Vesti la giubba”.

Tutto ciò mi conduce ad una prima riflessione: la percezione e il giudizio di tali eventi è profondamente mutevole in ragione dell’epoca storica, del luogo e in generale del contesto culturale. Pertanto la nostra sensibilità di cittadini occidentali del XXI secolo, sensibilità che condanna ogni forma di violenza in particolare sulle donne e che condanna l’atteggiamento di chi vede nella compagna di vita un oggetto di proprietà, non è qualcosa di immutato nel tempo ma è frutto di una positiva evoluzione culturale e quindi, in definitiva, un’importante tappa del progresso. Sennonché tale evoluzione è ancora incompleta: troppi sono ancora coloro che interpretano in modo distorto il rapporto fra uomo e donna al punto di ricorrere con frequenza allo stalking se non all’omicidio.

L’approccio al problema dei mezzi di informazione è, a mio parere, corretto ma insufficiente. Il messaggio più frequente è l’invito a denunciare comportamenti persecutori. Messaggio giusto (e ancor meglio sarebbe se le autorità destinatarie delle denunce fornissero mezzi di tutela più concreti ed efficaci alle vittime), ma insufficiente, dal momento che la denuncia può risolvere il problema del caso singolo e non il problema in generale.

Ciò che occorre è un ulteriore passo avanti nell’evoluzione culturale, e qui il messaggio deve essere rivolto principalmente agli uomini (più spesso autori delle violenze) che alle donne (più frequentemente vittime). È un messaggio che deve giungere presto, già in età scolare quale parte importante di quell’educazione civica che forse ancora si insegna e forse no. Meglio sarebbe se anche dalla famiglia giungesse lo stesso messaggio, ma in presenza di genitori ancora condizionati da vecchia cultura maschilista la scuola deve avere il coraggio di comunicare un messaggio diverso, cercando al contempo di aiutare il ragazzo a superare i conflitti che da tale disparità di voci possano derivare.

Sarà un processo difficile, non sempre rettilineo e comunque di lunga durata, ma solo così potremo far sì che i delitti consumati per gelosia e il femminicidio in particolare siano solamente ricordi legati al mondo della letteratura e del melodramma.

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