Festa nazionale in Francia. 234 anni dalla Presa della Bastiglia, simbolo della Rivoluzione Francese. Da quella Francia in fermento illuminista alla Francia di Nahel e degli scontri fratricidi. Corsi e ricorsi storici. Dai più recenti gilet gialli, ai casseur, alle banlieu, al Maggio del ’68 cantato da Fabrizio De André, il “J’accuse” di Emile Zola, fino ad arrivare a quel 14 Luglio 1789 e alla speciale affinità con le rivoluzioni statunitensi. Ma ora c’è una nuova Francia. Quale è?
L’ENNESIMA RIVOLTA FRANCESE? AUX ARMES CITOYENS…
La rivolta è una caratteristica del popolo transalpino o almeno come è figurato nei cliché, un continuo impeto tra reazione e rivoluzione. Ogni ribellione del cuore della Francia però ha dei tratti differenti, come è oggi lo strato sociale dei cittadini d’oltralpe rispetto all’Assemblea degli Stati generali pre-rivoluzione. Dalle rivolte nelle Banlieu di inizio secolo si è innestato un fattore che veniva ampiamente descritto dalla società francese, quello dei francesi di seconda generazione. Nahel, il ragazzo 17enne ucciso da un poliziotto a Nanterre per non essersi fermato al posto di blocco, lo era.
Figli di immigrati, pienamente francesi, sentono le radici della famiglia ma sono decisamente orgogliosi della creazione di questa contemporaneità in una nazione a cui sentono di appartenere. Kylian Mbappè, idolo della nazionale di calcio, francese di origine camerunensi, o l’attore Omar Sy, celebre per “Lupin” e “Quasi amici” e di origini senegalesi, sono l’emblema di questa nuova massa. Nei loro pensieri su Nahel ma anche sugli scontri, si evince l’attaccamento orgoglioso a una terra comune, la Francia.
La Francia dai mille volti diversi, ma come filo conduttore della storia, pur sempre un fronte unito. Oggi in Francia però parliamo di un fronte unito, che è sceso in piazza, a stragrande maggioranza giovanile, mentre il resto del paese è rimasto a guardare. Quale fronte unito se anche nella macabra gara delle collette, quella per il poliziotto ha superato di 5 volte quella per Nahel? Quale fronte unito se molti francesi sono rimasti a casa, adirati dal ferro e fuoco che sconvolge a frequenza costante i transalpini?
LA NUOVA FRANCIA GIOVANE
In mente la memore guerriglia delle banlieu, che ogni tanto si risvegliano. Negli inizi degli anni 2000, lo scontro fu connotato come un misto di etnia, colonialismo di ritorno e condizioni economiche. Non cambierebbe molto il risultato se nell’analisi non andassimo a inserire nuove variabili.
I nuovi giovani francesi sono quelli del film “L’odio” (di Mathieu Kassovitz) e lo sono da molto. Una Francia scesa in piazza a manifestare con violenza inaudita verso tutto e tutti. Una Francia che però è molto giovane. Una Francia che vede una età media di 39 anni, con un range dai 25 ai 55. Come lo era quella Francia delle Banlieu, oppressa, claustrofobica per la nuova società transalpina. Una Francia che su 67 milioni di abitanti conta l’11% di non discendenti diretti e un 7,8% di stranieri, di cui il 41% già con nazionalità francese.
A 20 anni circa di distanza dalla rivolta delle periferie come pensare che gli stessi giovani di oggi possano essere quelli di allora? Sono i figli di quegli emarginati. I nonni o i bisnonni che elemosinavano un lavoro nella Francia colonizzatrice e oppressiva, i padri e le madri che hanno vissuto la ghettizzazione delle banlieu degli anni ’90 e 2000. Sono i giovani senza futuro, e forse la morte di Nahel è solo un pretesto. Un’altra volta però, ci siamo girati da un’altra parte, non sentendo un grido provenire dal basso.
DA GEORGE FLOYD A NAHEL
L’ennesimo banco di prova d’Europa al riflesso di una contemporaneità che dagli Stati Uniti arriva nel Vecchio Continente. Se nel ‘700, il secolo delle rivoluzioni, il Gen. Lafayette aveva importato la Rivoluzione Americana per la susseguente rivolta dei cittadini parigini, il ’68 aveva preso fuoco in U.S.A. e visto in Francia la sua più grande espressione artistica.
Oggi la differenza etnica è stata compressa e relegata, ma è sopravanzata una disparità socio-economica. In questi casi basta una goccia per far traboccare un vaso di anni e anni di frizioni. Nel caso americano di “Blacks lives matter”, l’uccisione di George Floyd da parte di un poliziotto aveva scatenato una reazione con una connotazione fortemente etnica, verticale, tutta in seno alla comunità afroamericana e molto stratificata per censo e rango sociale, dal disoccupato di Harlem alle star NBA. In Francia, banco di prova europeo, la 13esima morte in un posto di blocco in 2 anni, ha deflagrato in uno scontro che ha connotazioni generazionali oltre che etniche.
Sarebbe mortale, nonché superficiale, derubricare l’esperienza odierna francese come l’ennesima prova di integrità mancata. Assunto dei più sbagliati. La Francia ha un alto tasso di integrazione e buone pratiche, frutto di un’immigrazione dall’impero francese che è secolare. Un esempio banale ma esplicativo: il jet set francese pieno di personaggi importanti e lustrini è interamente multietnico, quello italiano è quasi interamente incistato nel concetto di terra natia.
Migliorare l’integrazione in un processo democratico, quindi perfettibile. L’assimilazione è difficile ma alla Francia va il merito di un altro banco di prova. I “facinorosi” scesi in piazza per protestare, in un impeto sicuramente troppo reazionario (con molti infiltrati), sono i giovani francesi, che conoscono le loro differenze ma sotto una stessa bandiera e una stessa costituzione, molto spesso tradita dal paese che li ospitava.
Altro abbaglio sarebbe aspettarsi una escalation simile in paesi con una pessima integrazione come l’Italia. Sociologicamente i tempi non sono maturi. Gli italiani di seconda generazione riescono molto poco ad accedere alle sfere della classe dirigente, di conseguenza il sottobosco non riceve nemmeno le briciole come nell’humus transalpino.
LIBERTÉ, ÉGALITÉ, FRATERNITÉ. SOLO PER ME
Oggi è il giorno dell’unità della Francia, dei valori di libertà, purché sia solo la propria. L’uguaglianza, meglio se tra simili. La fraternità dentro casa nostra esclusivamente.
La politica francese continua a spaccare l’opinione pubblica. Alla calma mista comunque a sdegno di Macron, c’è stata la presa di posizione a strenuo favore del poliziotto da parte di Marine Le Pen, con la fine stoccata del “finissimo” destrorso Zemmour che grida alla ribellione etnica- La temperatura già alta ha diviso la Francia come lama nel burro.
La Francia spaccata, come gli Stati Uniti, ma con una connotazione diversa che potrebbe uscir fuori ogni qual volta si senta la voglia di scendere in piazza e protestare. È come un’autentica polveriera, senza nulla togliere al problema della sicurezza dei cittadini e alla morte del povero Nahel. È la continua assenza di risposte a tre generazioni intere di francesi, di origine straniera, ormai stanziali.
Ma chi si è girato allora dall’altra parte veramente? Noi tutti. La violenza è sbagliata, condannare tout court le rivolte francesi è esso stesso un atto di violenza e etichettarle come fallimento dell’integrazione è la condanna più grande del chiacchiericcio acritico di un’Italia semi-incolta che guarda oltre le Alpi.
Anche se ci sentiamo assolti, siamo pur sempre coinvolti.
A Nahel.